ESCURSIONE - 15/16 ottobre 2011
“Un tuffo nella vegetazione e nell’ambiente di 800.000 anni fa” PIANICO-SELLERE (BG)
L'Associazione VERDE ANTICO, in collaborazione con il CNR - Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali di Milano e la sig.ra Jordi Orso, ha organizzato un'escursione paleobotanica, che si è svolta nel fine settimana del 15/16 ottobre 2011 a Pianico sul Lago d’Iseo (BG - Lombardia) per scoprire attraverso le straordinarie testimonianze di fossili vegetali e strati geologici un passato di 800.000 anni fa. Il sito geo-paleontologico visitato è veramente unico: infatti ospita dei sedimenti lacustri con una stratificazione talmente regolare da permettere di ricostruire, anno per anno, la vita, l’ambiente, il paesaggio e perfino il clima dell’antico lago. Insomma, aprendo le sottili lamine di sedimento, dall’alto verso il basso, è come se si sfogliasse un libro in cui la natura ha registrato, per una durata di oltre 10.000 anni, tutto ciò che arrivava in fondo al lago: foglie, frutti, semi, pigne, qualche lumachina… e persino un cervo intero!
Il programma ha previsto non solo la visita ad un interessante sito paleontologico, ma anche un’esplorazione botanica nei dintorni per poter fare un confronto tra i fossili vegetali scoperti sul sito e la flora attuale.
L’escursione è stata guidata dal Dr. Edoardo Martinetto, paleobotanico all’Università di Torino, con la partecipazione del Dr. Cesare Ravazzi, paleobotanico al CNR di Bergamo.
L’escursione è stata guidata dal Dr. Edoardo Martinetto, paleobotanico all’Università di Torino, con la partecipazione del Dr. Cesare Ravazzi, paleobotanico al CNR di Bergamo.
_ Qui di seguito pubblichiamo il testo scritto dal sig. Sandro Perego, selezionato tra quelli
ricevuti in seguito all’escursione a Piànico-Sèllere, corredato da una serie di fotografie scattate in quell'occasione.
sandro perego - escursione a Pianico 2011.doc | |
File Size: | 19 kb |
File Type: | doc |
_Escursione paleobotanica a Pianico-Sellere
di Sandro Perego
_
Arriviamo in anticipo sull’ampio parcheggio del campo sportivo di Sovere con in mano il programma accuratamente compilato dalla encomiabile organizzatrice Orso Jordi. Siamo in pochissimi, ma presto i partecipanti arrivano, fino ad essere molti. Arrivano anche Luigi ed Antonella, sono volontari appartenenti alla Protezione Civile comunale che ci faranno da guida per tutto il corso della visita lungo il “Sentiero Foresta”. La visita è stata resa possibile grazie al lavoro della Protezione Civile con l’apertura dei sentieri che permettono di accedere ai gioielli nascosti di questa località; si mostrano sensibilmente soddisfatti, solo la vista di così numerosi partecipanti interessati li appaga dei faticosi lavori da loro eseguiti, come espresso con commozione da Luigi.
Arriva anche il dott. Edoardo Martinetto dell’Università di Torino che, esperto paleobotanico, ci illustra brevemente il percorso della giornata e l’importanza scientifica del luogo. E’ atteso anche il dott. Cesare Ravazzi del CNR di Bergamo, che arriverà, nonostante gravi problemi personali, un po’ più tardi.
Ci incamminiamo verso la località del ritrovamento del cervo fossile, ritrovamento che ha messo a disposizione degli scienziati un intero scheletro intatto risalente a 800.000 anni fa. Lungo il percorso Antonella indica i lavori di bonifica di un’area che 10 anni fa era prativa, ma ora colonizzata sia da piante autoctone cha da piante alloctone invasive, specialmente rovi e robinia, lo sforzo dei volontari è tuttora quello di riportare il territorio al prato e bosco originari. Osserviamo anche la loro premura nei nostri confronti nel ripulire il sentiero dagli ultimi rami di rovo in previsione del nostro arrivo; il taglio era del giorno prima. Prima di arrivare alla località del cervo breve sosta in una piccola area per osservare come il bosco, senza interferenza dell’azione antropica, potrebbe raggiungere uno stadio più naturale.
Finalmente arriviamo al letto del fiume Borlezza: di fronte una parete verticale frutto dell’erosione fluviale che in questo tratto presenta piacevoli anse, sul lato destro la parete mostra un incavo, il luogo del ritrovamento del cervo, ora ricoperto da rovi, intoccabile, come fosse un sacrario dedicato al fossile ora esposto al museo Caffi di Bergamo. Il lato sinistro della parete è più spoglio dai vegetali, condizione che ha permesso a Martinetto di illustrare i fenomeni di deposizione, le varie stratificazioni, l’inclusione di tronchi caduti sul fondo del lago poi ricoperti dai sedimenti e compressi dai ghiacci che si sono susseguiti durante le numerose glaciazioni.
Ritorniamo su nostri passi, ci viene incontro Ravazzi per accompagnarci, assieme a Martinetto, sul luogo delle loro ricerche tuttora in corso. Lungo il percorso una sosta presso un pratello dove Ravazzi ha fatto eseguire un carotaggio con l’intento di arrivare sul fondo dell’antico lago per valutare la potenza dei depositi. Con disappunto, ma non con rabbia, Ravazzi ci dice che il carotaggio si è fermato per mancanza di fondi stanziati senza raggiungere il fondo del lago. Peccato, è venuto a mancare un dato importante non solo per la conoscenza geologica di quella località, ma anche dei processi erosivi di un’area molto più estesa di quella compresa dallo studio. La sosta è stata l’occasione per discutere l’origine dei grandi laghi insubrici i cui fondali sono molto al di sotto dell’attuale livello marino, è un argomento ancora aperto fra i geologi. I risultati del carotaggio sono stati comunque di grande aiuto per ampliare le conoscenze negli studi in corso.
Arriviamo di nuovo sul letto del Fiume Borezza, solo un po’ più a valle, le falesie sono ancora più imponenti ed anche più “pulite”, quindi maggiormente leggibili. Per la prima volta vedo in natura le varve, avevo letto cosa sono, la loro formazione, ma non avevo mai potuto osservarle in natura, appoggio il lentino su una roccia ben lisciata ed osservo i sottilissimi strati di deposizione con alternanze chiare e scure, è stata una piacevole esperienza. Era il posto ideale per illustrare i fenomeni geologici avvenuti nel passato, compito che hanno svolto esaurientemente sia Ravazzi che Martinetto dimostrando la loro profonda conoscenza scientifica e soprattutto la passione per il lavoro che stanno svolgendo e l’insostituibilità della scienza nel mondo attuale.
Ogni varva indica la durata di un anno, con un lavoro certosino le hanno contate mettendole in correlazione in vari punti fino stabilire che il periodo geologico in corso di studio è durato 18.000 anni. Lo studio di questi strati ha permesso di conoscere la copertura vegetale e il clima di quell’intervallo temporale comprese le sue variazioni. Sono presenti segni di avvenimenti trascorsi in località molto lontane, infatti abbiamo osservato varve contenenti ceneri vulcaniche, chiamate tefra, derivanti da eruzioni avvenute nel Massiccio Centrale francese. Mancava ora la sua datazione assoluta, ecco che sono venuti in soccorso altri rami della scienza: lo studio della polarità magnetica, dei pollini, delle eruzioni vulcaniche, dei rapporti isotopici di alcuni elementi, fino a stabilire che stanno studiando avvenimenti di 800.000 anni fa. Ogni studio scientifico non è isolato, ma ha bisogno di apporti provenienti da altre branche scientifiche.
Le modalità di approccio allo studio dei fenomeni sono leggermente differenti fra i due studiosi: Ravazzi pone l’accento sui fenomeni geologici e sulle analisi palinologiche, mentre Mertinetto pone l’accento sui fenomeni botanici studiando i resti fossili di foglie, rami, semi; non sono grosse differenze, ma ciò crea una certa sinergia utile ad allargare la comprensione del fenomeno e a porsi più domande a chi ascolta, infatti la spiegazione è stata inframmezzata da numerose domande. Per illustrare meglio gli aspetti botanici ci hanno mostrato esemplari di specie botaniche trovate nei depositi ma ora assenti dalla nostra flora, ma presenti in località molto distanti e talvolta relegati in areali molto ristretti; è stata l’occasione per discutere sulle cause di diffusione ed estinzione delle specie vegetali, argomento complesso che dimostra la necessità di acquisire ulteriori conoscenze scientifiche.
Dopo la colazione a sacco ci è stata data la possibilità di toccare con mano i reperti fossili, senza però danneggiare le ricerche in corso, rendendo più vivi gli argomenti illustrati. Ringrazio ancora la Protezione Civile che ha disboscato un nuovo tratto del percorso facilitandoci l’accesso ai luoghi visitati.
Felici delle spiegazioni, ritorniamo al parcheggio per salire sull’altipiano di Bossico. Località molto panoramica che domina la bassa Val Borlezza. E’ stata l’occasione per ascoltare una lezione di geomorfologia con argomento: il fiume Borlezza con i suoi curiosi meandri cui è stata data una spiegazione scientifica, la presunta superficie occupata dal lago fossile, i fenomeni erosivi avvenuti prima e dopo le glaciazioni riguardanti la Val Borlezza, l’alta Val Cavallina, il Lago di Gaiano (meta del giorno successivo) e il Lago di Iseo.
Dopo un pasto ben curato presso l’Albergo Moderno, ci trasferiamo all’Auditorium comunale per il cui utilizzo dobbiamo ringraziare il Prof. Aldo Avogadri, direttore del Museo di Scienze Naturali di Lovere. Con piacevole sorpresa la sala era già molto affollata da persone del luogo, segno che anche i locali sono interessati alla conservazione delle bellezze locali e ne apprezzano il valore. I relatori, gli instancabili Ravazzi e Martinetto riprendono gli argomenti esposti durante la precedente escursione dando loro una veste più organica. Sono state toccanti le loro considerazioni finali che evidenziavano il grande entusiasmo per il lavoro che stanno svolgendo, entusiasmo che sicuramente trasmetteranno anche ai loro allievi, seppur contemporaneamente combattuti dal timore che si tramuti in disillusioni per chi, uscendo dall’università, non trovi una adeguata professione. Al termine della conferenza Ravazzi ci lascia e lo salutiamo con un caloroso ringraziamento per quello che ha saputo trasmetterci.
La mattina seguente Martinetto ci accompagna alla visita del Lago di Gaiano. Assieme alla Valle del Freddo sono biotopi facenti parte delle Riserve naturali lombarde. L’uscita ha avuto gli scopi di: illustrare le metodologie usate per collegare la flora fossile trovata nei rilievi con quella attuale, inoltre valutare la rappresentatività della flora fossile ritrovata rispetto alla coeva copertura vegetale. Lungo il percorso Martinetto ha illustrato la flora e raccolto foglie di specie presenti, non è mancata anche una sosta in corrispondenza della Valle del Freddo con la spiegazione del particolare fenomeno che permette la crescita di specie alpine a così bassa quota. Arrivati al lago, dopo l’illustrazione della flora lacustre presente, Martinetto ha dato una dimostrazione di come si prelevano i reperti vegetali sulla superficie del lago per confrontarli con quelli che potrebbero trovarsi nei reperti fossili, altrettanto ha fatto per i reperti depositati sul fondo, in prevalenza frutti e semi. E’ stata una interessante dimostrazione di come si lavora sul campo; sembra un lavoro semplice, ma alle spalle occorre una profonda conoscenza botanica.
Alla fine della visita anche Martinetto ci ha lasciato, per la sera lo aspettavano i famigliari a Torino, per fortuna il raffreddore si era attenuato.
La comitiva rimane unita, ora c’è l’instancabile Jordi che ci accompagna. Torniamo a Lovere per consumare velocemente un pasto già prenotato, poi in viaggio per Zone a visitare le famose Piramidi. Località di un fascino particolare, testimone di avvenimenti geologici legati all’ultima glaciazione e sapientemente illustrati dall’infaticabile Jordi.
Con la fine della visita alle Piramidi, termina anche la nostra avventura. Un grazie a tutti quelli che con il loro entusiasmo hanno permesso di farci apprezzare le bellezze locali, valorizzate dalla conoscenza trasmessaci dagli accompagnatori. Purtroppo dobbiamo constatare che chi ci governa è il primo a non riconoscere l’importanza della bellezza di cui è ricca l’Italia.
Arriva anche il dott. Edoardo Martinetto dell’Università di Torino che, esperto paleobotanico, ci illustra brevemente il percorso della giornata e l’importanza scientifica del luogo. E’ atteso anche il dott. Cesare Ravazzi del CNR di Bergamo, che arriverà, nonostante gravi problemi personali, un po’ più tardi.
Ci incamminiamo verso la località del ritrovamento del cervo fossile, ritrovamento che ha messo a disposizione degli scienziati un intero scheletro intatto risalente a 800.000 anni fa. Lungo il percorso Antonella indica i lavori di bonifica di un’area che 10 anni fa era prativa, ma ora colonizzata sia da piante autoctone cha da piante alloctone invasive, specialmente rovi e robinia, lo sforzo dei volontari è tuttora quello di riportare il territorio al prato e bosco originari. Osserviamo anche la loro premura nei nostri confronti nel ripulire il sentiero dagli ultimi rami di rovo in previsione del nostro arrivo; il taglio era del giorno prima. Prima di arrivare alla località del cervo breve sosta in una piccola area per osservare come il bosco, senza interferenza dell’azione antropica, potrebbe raggiungere uno stadio più naturale.
Finalmente arriviamo al letto del fiume Borlezza: di fronte una parete verticale frutto dell’erosione fluviale che in questo tratto presenta piacevoli anse, sul lato destro la parete mostra un incavo, il luogo del ritrovamento del cervo, ora ricoperto da rovi, intoccabile, come fosse un sacrario dedicato al fossile ora esposto al museo Caffi di Bergamo. Il lato sinistro della parete è più spoglio dai vegetali, condizione che ha permesso a Martinetto di illustrare i fenomeni di deposizione, le varie stratificazioni, l’inclusione di tronchi caduti sul fondo del lago poi ricoperti dai sedimenti e compressi dai ghiacci che si sono susseguiti durante le numerose glaciazioni.
Ritorniamo su nostri passi, ci viene incontro Ravazzi per accompagnarci, assieme a Martinetto, sul luogo delle loro ricerche tuttora in corso. Lungo il percorso una sosta presso un pratello dove Ravazzi ha fatto eseguire un carotaggio con l’intento di arrivare sul fondo dell’antico lago per valutare la potenza dei depositi. Con disappunto, ma non con rabbia, Ravazzi ci dice che il carotaggio si è fermato per mancanza di fondi stanziati senza raggiungere il fondo del lago. Peccato, è venuto a mancare un dato importante non solo per la conoscenza geologica di quella località, ma anche dei processi erosivi di un’area molto più estesa di quella compresa dallo studio. La sosta è stata l’occasione per discutere l’origine dei grandi laghi insubrici i cui fondali sono molto al di sotto dell’attuale livello marino, è un argomento ancora aperto fra i geologi. I risultati del carotaggio sono stati comunque di grande aiuto per ampliare le conoscenze negli studi in corso.
Arriviamo di nuovo sul letto del Fiume Borezza, solo un po’ più a valle, le falesie sono ancora più imponenti ed anche più “pulite”, quindi maggiormente leggibili. Per la prima volta vedo in natura le varve, avevo letto cosa sono, la loro formazione, ma non avevo mai potuto osservarle in natura, appoggio il lentino su una roccia ben lisciata ed osservo i sottilissimi strati di deposizione con alternanze chiare e scure, è stata una piacevole esperienza. Era il posto ideale per illustrare i fenomeni geologici avvenuti nel passato, compito che hanno svolto esaurientemente sia Ravazzi che Martinetto dimostrando la loro profonda conoscenza scientifica e soprattutto la passione per il lavoro che stanno svolgendo e l’insostituibilità della scienza nel mondo attuale.
Ogni varva indica la durata di un anno, con un lavoro certosino le hanno contate mettendole in correlazione in vari punti fino stabilire che il periodo geologico in corso di studio è durato 18.000 anni. Lo studio di questi strati ha permesso di conoscere la copertura vegetale e il clima di quell’intervallo temporale comprese le sue variazioni. Sono presenti segni di avvenimenti trascorsi in località molto lontane, infatti abbiamo osservato varve contenenti ceneri vulcaniche, chiamate tefra, derivanti da eruzioni avvenute nel Massiccio Centrale francese. Mancava ora la sua datazione assoluta, ecco che sono venuti in soccorso altri rami della scienza: lo studio della polarità magnetica, dei pollini, delle eruzioni vulcaniche, dei rapporti isotopici di alcuni elementi, fino a stabilire che stanno studiando avvenimenti di 800.000 anni fa. Ogni studio scientifico non è isolato, ma ha bisogno di apporti provenienti da altre branche scientifiche.
Le modalità di approccio allo studio dei fenomeni sono leggermente differenti fra i due studiosi: Ravazzi pone l’accento sui fenomeni geologici e sulle analisi palinologiche, mentre Mertinetto pone l’accento sui fenomeni botanici studiando i resti fossili di foglie, rami, semi; non sono grosse differenze, ma ciò crea una certa sinergia utile ad allargare la comprensione del fenomeno e a porsi più domande a chi ascolta, infatti la spiegazione è stata inframmezzata da numerose domande. Per illustrare meglio gli aspetti botanici ci hanno mostrato esemplari di specie botaniche trovate nei depositi ma ora assenti dalla nostra flora, ma presenti in località molto distanti e talvolta relegati in areali molto ristretti; è stata l’occasione per discutere sulle cause di diffusione ed estinzione delle specie vegetali, argomento complesso che dimostra la necessità di acquisire ulteriori conoscenze scientifiche.
Dopo la colazione a sacco ci è stata data la possibilità di toccare con mano i reperti fossili, senza però danneggiare le ricerche in corso, rendendo più vivi gli argomenti illustrati. Ringrazio ancora la Protezione Civile che ha disboscato un nuovo tratto del percorso facilitandoci l’accesso ai luoghi visitati.
Felici delle spiegazioni, ritorniamo al parcheggio per salire sull’altipiano di Bossico. Località molto panoramica che domina la bassa Val Borlezza. E’ stata l’occasione per ascoltare una lezione di geomorfologia con argomento: il fiume Borlezza con i suoi curiosi meandri cui è stata data una spiegazione scientifica, la presunta superficie occupata dal lago fossile, i fenomeni erosivi avvenuti prima e dopo le glaciazioni riguardanti la Val Borlezza, l’alta Val Cavallina, il Lago di Gaiano (meta del giorno successivo) e il Lago di Iseo.
Dopo un pasto ben curato presso l’Albergo Moderno, ci trasferiamo all’Auditorium comunale per il cui utilizzo dobbiamo ringraziare il Prof. Aldo Avogadri, direttore del Museo di Scienze Naturali di Lovere. Con piacevole sorpresa la sala era già molto affollata da persone del luogo, segno che anche i locali sono interessati alla conservazione delle bellezze locali e ne apprezzano il valore. I relatori, gli instancabili Ravazzi e Martinetto riprendono gli argomenti esposti durante la precedente escursione dando loro una veste più organica. Sono state toccanti le loro considerazioni finali che evidenziavano il grande entusiasmo per il lavoro che stanno svolgendo, entusiasmo che sicuramente trasmetteranno anche ai loro allievi, seppur contemporaneamente combattuti dal timore che si tramuti in disillusioni per chi, uscendo dall’università, non trovi una adeguata professione. Al termine della conferenza Ravazzi ci lascia e lo salutiamo con un caloroso ringraziamento per quello che ha saputo trasmetterci.
La mattina seguente Martinetto ci accompagna alla visita del Lago di Gaiano. Assieme alla Valle del Freddo sono biotopi facenti parte delle Riserve naturali lombarde. L’uscita ha avuto gli scopi di: illustrare le metodologie usate per collegare la flora fossile trovata nei rilievi con quella attuale, inoltre valutare la rappresentatività della flora fossile ritrovata rispetto alla coeva copertura vegetale. Lungo il percorso Martinetto ha illustrato la flora e raccolto foglie di specie presenti, non è mancata anche una sosta in corrispondenza della Valle del Freddo con la spiegazione del particolare fenomeno che permette la crescita di specie alpine a così bassa quota. Arrivati al lago, dopo l’illustrazione della flora lacustre presente, Martinetto ha dato una dimostrazione di come si prelevano i reperti vegetali sulla superficie del lago per confrontarli con quelli che potrebbero trovarsi nei reperti fossili, altrettanto ha fatto per i reperti depositati sul fondo, in prevalenza frutti e semi. E’ stata una interessante dimostrazione di come si lavora sul campo; sembra un lavoro semplice, ma alle spalle occorre una profonda conoscenza botanica.
Alla fine della visita anche Martinetto ci ha lasciato, per la sera lo aspettavano i famigliari a Torino, per fortuna il raffreddore si era attenuato.
La comitiva rimane unita, ora c’è l’instancabile Jordi che ci accompagna. Torniamo a Lovere per consumare velocemente un pasto già prenotato, poi in viaggio per Zone a visitare le famose Piramidi. Località di un fascino particolare, testimone di avvenimenti geologici legati all’ultima glaciazione e sapientemente illustrati dall’infaticabile Jordi.
Con la fine della visita alle Piramidi, termina anche la nostra avventura. Un grazie a tutti quelli che con il loro entusiasmo hanno permesso di farci apprezzare le bellezze locali, valorizzate dalla conoscenza trasmessaci dagli accompagnatori. Purtroppo dobbiamo constatare che chi ci governa è il primo a non riconoscere l’importanza della bellezza di cui è ricca l’Italia.